giovedì 20 novembre 2008

Dedicato a Liang, Esteban, Mirela, Pietro, Dorjan, ...


Dedicato a Liang, Esteban, Mirela, Pietro, Dorjan, …
e a tutti gli altri alunni e alunne che, nelle classi che ho frequentato, hanno imparato senza problemi l’italiano e hanno permesso a tutti noi di imparare, insieme a loro, un mucchio di cose ancora più importanti. E dedicato anche agli analfabeti culturali di questo paese da operetta, che non hanno imparato nulla della vita e che legiferano sulla pelle dei bambini.

Approfittando della battuta, di un alunno, sul proverbio dell’ospite “che dopo tre giorni puzza”, abbiamo riflettuto molto. Il proverbio nasce da lontano, da molto lontano. Da quando, come indica la radice, identica, delle parole ‘nemico’ e ‘ospite’, lo straniero che arrivava nella comunità rappresentava il ‘di fuori’ rispetto alla sicurezza del gruppo, in un'epoca in cui, fuori dal villaggio o dalla polis, c’era l’ignoto, e il pericolo sconosciuto. Allora all’ospite era concesso un periodo ‘insieme’ agli altri, mediato dalle regole che imponevano rispetto e ‘ospitalità’ verso il nuovo arrivato. Dopo un certo periodo, se lo straniero non diventava ‘uno del gruppo’, doveva andarsene, perché la sua ‘diversità’, rimanendo tale, diveniva ‘ostile’, pericolo per tutti.
Dopo tre giorni, se non sei diventato uno ‘della famiglia’, la tua condizione di straniero muta in quella di ‘ostile’, di nemico; tutto ciò che io ti dono, come ospitante, diviene un approfittarsi, da parte tua. Ma se diventi uno di noi non sei più uno straniero, sei uno di famiglia.
I bambini stranieri, che certi scienziati dell’educazione vogliono segregare (usiamo le parole giuste) in altre classi, non diventeranno mai ‘di famiglia’, integrati o meno. Perché non saranno mai passati dalla condizione di ospiti. Entreranno comunque come stranieri, senza periodi di mediazione insieme alla comunità. Stranieri che arrivano dopo una sorta di quarantena, stranieri da cui è lecito guardarsi.
Il ponte per ciò che chiamiamo integrazione, non è la classe-ghetto, ma la stessa classe che poi diventerà la propria. Dopo tre giorni o dopo tre mesi, in questo caso non importa, sei un ospite che certamente non sarà mai nemico; è solo questione di tempo affinché tu diventi uno di noi, con le tue preziose differenze sulle quali, e grazie alle quali, tutti cresceremo ancora di più.
Qual è il grado di civiltà di un paese dove possono far leggi sull’educazione razzisti, ignoranti, economisti ‘creativi’, moralizzatori-con-tre-stipendi, ma nessun serio educatore?
Ancora una volta: O vergogna, dov’è il tuo rossore? (Shakespeare, Amleto, atto III)

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