martedì 25 novembre 2008

A mio padre

A mio padre (Alfonso Gatto, 1945 "La storia delle vittime")



Se mi tornassi questa sera accanto

lungo la via dove scende l'ombra

azzurra già che sembra primavera,

per dirti quanto è buio il mondo e come

ai nostri sogni libertà s'accenda

di speranze di poveri di cielo,

io troverei un pianto da bambino

e gli occhi aperti di sorriso, neri

neri come le rondini del mare.

Mi basterebbe che tu fossi vivo,

un uomo vivo col tuo cuore è un sogno.

Ora alla terra è un'ombra la memoria

della tua voce che diceva ai figli:

"Com'è bella la notte e com'è buona

ad amarci così con l'aria in piena

fin dentro al sonno". Tu vedevi il mondo

nel plenilunio sporgente a quel cielo,

gli uomini incamminati verso l'alba.

giovedì 20 novembre 2008

Dedicato a Liang, Esteban, Mirela, Pietro, Dorjan, ...


Dedicato a Liang, Esteban, Mirela, Pietro, Dorjan, …
e a tutti gli altri alunni e alunne che, nelle classi che ho frequentato, hanno imparato senza problemi l’italiano e hanno permesso a tutti noi di imparare, insieme a loro, un mucchio di cose ancora più importanti. E dedicato anche agli analfabeti culturali di questo paese da operetta, che non hanno imparato nulla della vita e che legiferano sulla pelle dei bambini.

Approfittando della battuta, di un alunno, sul proverbio dell’ospite “che dopo tre giorni puzza”, abbiamo riflettuto molto. Il proverbio nasce da lontano, da molto lontano. Da quando, come indica la radice, identica, delle parole ‘nemico’ e ‘ospite’, lo straniero che arrivava nella comunità rappresentava il ‘di fuori’ rispetto alla sicurezza del gruppo, in un'epoca in cui, fuori dal villaggio o dalla polis, c’era l’ignoto, e il pericolo sconosciuto. Allora all’ospite era concesso un periodo ‘insieme’ agli altri, mediato dalle regole che imponevano rispetto e ‘ospitalità’ verso il nuovo arrivato. Dopo un certo periodo, se lo straniero non diventava ‘uno del gruppo’, doveva andarsene, perché la sua ‘diversità’, rimanendo tale, diveniva ‘ostile’, pericolo per tutti.
Dopo tre giorni, se non sei diventato uno ‘della famiglia’, la tua condizione di straniero muta in quella di ‘ostile’, di nemico; tutto ciò che io ti dono, come ospitante, diviene un approfittarsi, da parte tua. Ma se diventi uno di noi non sei più uno straniero, sei uno di famiglia.
I bambini stranieri, che certi scienziati dell’educazione vogliono segregare (usiamo le parole giuste) in altre classi, non diventeranno mai ‘di famiglia’, integrati o meno. Perché non saranno mai passati dalla condizione di ospiti. Entreranno comunque come stranieri, senza periodi di mediazione insieme alla comunità. Stranieri che arrivano dopo una sorta di quarantena, stranieri da cui è lecito guardarsi.
Il ponte per ciò che chiamiamo integrazione, non è la classe-ghetto, ma la stessa classe che poi diventerà la propria. Dopo tre giorni o dopo tre mesi, in questo caso non importa, sei un ospite che certamente non sarà mai nemico; è solo questione di tempo affinché tu diventi uno di noi, con le tue preziose differenze sulle quali, e grazie alle quali, tutti cresceremo ancora di più.
Qual è il grado di civiltà di un paese dove possono far leggi sull’educazione razzisti, ignoranti, economisti ‘creativi’, moralizzatori-con-tre-stipendi, ma nessun serio educatore?
Ancora una volta: O vergogna, dov’è il tuo rossore? (Shakespeare, Amleto, atto III)

mercoledì 19 novembre 2008

O vergogna, dov'è il tuo rossore?

Cronache dalla scuola pubblica
Settimana tipo.
L’interminabile serie di riunioni post-scuola, unitamente alle consuete ore di lavoro scolastico a casa (due ore in media per insegnante secondo la media degli indicatori internazionali Ocse), hanno costretto a limitare anche per questa settimana la vita sociale. In compenso, grazie al degrado della scuola, si è scoperto uno dei benefici della prossima ‘riforma’ scolastica. Togliendo il tempo pieno, non accadrà più che il pomeriggio si debba lavorare coi bambini al freddo e senza luce, sfruttando la luce del lampione esterno che si riflette sulla lavagna. Avrebbero potuto tagliare anche i soldi per i tecnici che da giorni cercano di risolvere il problema; si dovrebbe ricostruire da anni l’intera scuola, ma perché dovrebbero? Forse tassando lo stipendio degli insegnanti… chissà se al ministro-dai-tre-stipendi più amato dagli italiani è già venuta questa idea…

Lunedì
La corrente va e viene, c’è della nuova muffa in sala mensa, macchie sul soffitto. Costretti a prolungare la ricreazione perché almeno fuori c’è un po’ di sole mentre dentro l’umidità fa male a bambini e insegnanti.
Pomeriggio a casa, due ore di preparazione-lezione come da media Ocse (indicatori internazionali: gli insegnanti lavorano almeno due ore a casa, in media).

Martedì
Mattina fredda, la corrente va e viene.
Pomeriggio: fino alle 19 riunione coi genitori per parlare dell’andamento didattico.

Mercoledì
Mattina: si muore di freddo e manca la corrente. Pomeriggio: quattro ore in un altro plesso del circolo per un progetto, uno di quelli che rendono orgogliosi (filosofia coi bambini). In tutto, otto ore di scuola. Lo scorso anno, certificate circa 90 ore di lavoro per il progetto, ma non hanno potuto pagarne più di 20 perché non c’erano i soldi. Non è bastato risparmiare dividendo le classi e usando le compresenze per non chiamare supplenti. All’uscita, riunione con un comitato di genitori ed insegnanti per discutere dei problemi causati dai tagli alla scuola. A casa, due ore per correzione compiti (media indicatori internazionali Ocse), scannerizzazione schede per verifiche e stampa a proprie spese (la nostra scuola non dispone di fotocopiatrice).

Giovedì
I tecnici cercano ancora, su sollecitazione della direzione didattica, di riparare il guasto dell’impianto elettrico. Si lavora il pomeriggio a lume di candela per un po’, manca la corrente e fa freddo. Poi ci si ricorda che è proibito accendere candele in classe e restiamo al buio. C'è chi invidia la classe dall’altra parte della scuola, che ha un lampione fuori dalla strada che fa un po’ di luce (per giunta amplificata riflettendosi sulla lavagna). Gli insegnanti sono tutti con cappotto e giaccone, i bambini pure. Il collaboratore scolastico continua a telefonare per far aggiustare tutto; per i tecnici, il problema sono i cavi sotto terra, e l’umidità.

Venerdì
Stanno riparando il guasto alla corrente, cominciano anche a funzionare i termosifoni. Nulla da fare invece per l’intonaco che si è staccato dal soffitto della mensa a causa dell'umidità; si spostano i tavoli della scuola dell’Infanzia, anche per la muffa poco da fare, intanto il dirigente ha avvertito l’Asl.
Pomeriggio: riunione post-scuola obbligatoria, sulla privacy; viene messo a conoscenza dei docenti che il lavoro di insegnante è classificato come ‘pericoloso’ e prevede dunque delle norme di legge diverse. Se per distrazione al docente capita di affidare un alunno al padre che ha perso la potestà, rischia l’incriminazione per concorso in sequestro di persona. Se lascia il registro coi nomi dei bambini fuori dall’armadietto blindato o almeno con lucchetto, rischia denunce. Se manda al bagno un bambino e si fa male deve dimostrare che era presente. Se nel frattempo si fa male un bambino in classe deve dimostrare che era presente. In questo caso non correrà grossi rischi. Ma se i due eventi avvengono disgraziatamente nello stesso momento, deve dimostrare di avere il dono dell’ubiquità. Se il collaboratore scolastico è impegnato a riparare il fax che si guasta sempre per l’umidità, e non può sorvegliare il via vai continuo di bambini al bagno, il docente può lasciare che il bambino resti in classe, tanto la maggior parte delle volte esagerano il loro bisogno. Se poi succede che quella è l’unica volta che non esageravano e un bambino se la fa sotto, dovrà solo vedersela con la sua coscienza per averlo costretto ad una tale umiliazione, e con la giustificata rabbia dei genitori.

Sabato e domenica; le solite due ore (in perfetta media Ocse) per preparare le lezioni della settimana, i progetti, elaborare la documentazione dei progetti, preparare le programmazioni, scannerizzare alcuni testi e disegni di alunne e alunni, scrivere un paio di testi ecc., per fortuna non ci sono compiti da correggere. C’è però ancora il tempo di interrompere la preparazione della cena per rispondere al telefono e spiegare alla mamma di un’alunna quali compiti deve svolgere per lunedì. Noblesse oblige, naturalmente.

Per le prossime settimane, un’occhiata alle circolari avverte che ci sono, vicinissimi, oltre alle riunioni settimanali di routine, un collegio docenti, una riunione per la legge 626 sulla sicurezza e qualche altra cosa. Ci sarebbe anche un corso di aggiornamento sull’informatica ma non c'è più tempo a disposizione. Forse, però, avanzerà almeno il tempo per leggere, su un settimanale, degli stipendi e delle ‘furberie’ di quel ministro moralizzatore tanto amato dagli italiani, che considera fannulloni gli insegnanti, i quali, secondo lui, guadagnano anche troppo. Probabilmente uno solo dei suoi stipendi sistemerebbe tutta la scuola degradata.
Amleto, atto terzo: o vergogna, dov’è il tuo rossore?
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Che-furbetto-quel-Brunetta/2049037&ref=hpsp