mercoledì 30 dicembre 2009

BELLA, MAE’!…

Ci sono persone che, dopo essere state massacrate da una visione della vita troppo ‘romantica’, diventano ciniche (almeno agli occhi del mondo). Anch’io tengo a distanza tutto ciò che sembra troppo sdolcinato, e cerco di non esternare più affetto di quello che mi sembra necessario, anche e soprattutto per non svilirlo o banalizzarlo. E detesto apparire ‘sentimentale’. Perché questa premessa? Perché ho letto un libro che mi costringe a lasciarmi un po’ andare ad un atto di affetto profondo, che rimandavo da tanto tempo. Ci sono libri che, in effetti, cambiano la vita, anche per me ce ne sono stati: ‘Il lupo della steppa’, ‘Illusioni’, ‘Un uomo’…. Stavolta è stato ‘Aprire su Paideia’; me l’aveva regalato uno degli autori più di un anno fa, ma evidentemente dovevo leggerlo proprio in questo periodo. L’ho letto per un concorso (altra coincidenza?), m’ha fatto riflettere sulla chiave di tutto il nostro educare e del nostro vivere. Ho capito, o me lo sono ricordato, perché non mollerò mai. Perché, almeno nel degradato, soprattutto umanamente, ambiente scolastico (ma è solo l’esempio di quanto avviene fuori), riesco a sopportare “gli oltraggi, i sassi e i dardi dell'iniqua fortuna”, e anche tutte quelle cose che, meglio ancora di Shakespeare, fa dire Stefano Benni al personaggio di un suo romanzo:
“Mi rimane solo questo, maestro, questa dignità che è così poca ma basta a fare abbassare il loro sguardo, e questa è la strada, maestro, in cui io non trovai alla fine la mitezza che tu insegnavi. E chi difenderà ora le offese fatte a chi non può difendersi, e l’ordine al soldato impaurito e il dolore cancellato o deriso, porci servi di servi assassini ogni volta che siete cinici e parlate di realismo e siete egoisti e lo chiamerete buonsenso e grondate indignazione per i crimini altrui mentre ogni giorno preparate i vostri con cura, grazie dio perché uccido e non sento più nulla, ma io sento tutto e così ecco la mia strada buia, allora a me sì ma a Leone no, non dovevate farlo e neanche a Lucia, non vedete la crepa nel muro, le figure nella polvere, non si può sopportare tutto questo, dio dio come sei lontano da me, dio, non si può uccidere una persona così, questo cambia il mondo per sempre”.
Chi difenderà le offese? Soprattutto, da educatori, chi insegna davvero a difendersi dalle offese? Chi si preoccupa davvero di insegnare, tra le tabelline e la grammatica, a difendersi dalle offese della vita e del mondo? Quelle della vita sono inevitabili, quelle del mondo si potrebbero evitare, almeno in parte. Insegno a tutte le alunne e a tutti gli alunni, prima o poi, il motto “la vita è dura ma noi di più”, se lo ricordano quasi tutte/i anche dopo molti anni. Magari a qualcuna/o è servito. Ma cosa è servito davvero, cosa servirebbe davvero per fornire dello scudo, oltre che della spada, tutti questi esseri che abbiamo davanti e che pensano davvero che gli potremo essere d’aiuto? Questo libro che ho ‘dovuto’ leggere, m’ha spiegato cose che in fondo avvertivo ‘a pelle’. ‘Aprire su Paideia’ parla di chi ti cambia la vita solo per il suo ‘essere’ umano, perché mette quello, soprattutto quello, nel rapporto con chi educa, ed è per questo che è ricordato, non per aver insegnato qualche disciplina. Perché ha aiutato ad affrontare e capire un po’ meglio la vita, e forse l’ha capita meglio anche lui.
“Bella, mae’!” ; ###, l’ex alunno che mi saluta come un amico passando col motorino mentre io esco dal garage con la macchina. “Bella, ###!”, rispondo.
Quella che incontro e che deve fare l’esame di guida, io invece devo farne uno da supervisore all’università. Tutti e due con un po’ di tensione pre-esame. Lei ha lo stesso sorriso di quando faceva le elementari.
Sono due, tra le/i tante/i, non potrei smettere di scrivere se parlassi di tutte/i, perché me li ricordo tutte/i, ricordo cose che loro avranno dimenticato. E gli scambi su Facebook, che tante volte neanche coi miei amici…
La campionessa di kickboxing, che ‘qualcuno’ stava per massacrare da piccola in nome della ‘buona educazione’, e che mi ricorda sempre quanto siamo stati fortunati a incontrarci (anch’io, anch’io, ###...).
Quella che, ancora qualche anno dopo la fine della scuola mi rimproveravano che fosse la mia preferita, ed era solo quella che mi somigliava di più come carattere. E che poi, anni dopo, “Creonte aveva ragione”!
Quelle/i che vengono a trovarmi a scuola e rassicurano i miei alunni, e soprattutto le mie alunne, “anche a noi diceva che eravamo tutte cozze”.
Quello che, per quattro anni, ho avuto il dubbio se avessi sbagliato a fidarmi (mentre altre ‘educatrici’ mi suggerivano di stroncarlo, manco fosse un serial killer), e che adesso “Mae’ tu per aprirmi la testa sei stato fondamentale”. Ho fatto bene a fidarmi, poi viene a trovarmi con la sciarpa della Magica Roma, è cresciuto bene…
Quelle che facevo arrabbiare fingendo di non credere che scrivessero poesie così belle, “su, tira fuori il libro dove l’hai copiata!” – “Mae’, il libro non c’è!!” (poi abbiamo pubblicato le ‘Poesie del libro che non c’è’, naturalmente).
Quello col quale mi sono comportato peggio del sergente di Full Metal Jacket (con finale diverso per mia e sua fortuna) perché non trovavo più altre soluzioni per tirarlo fuori da un china pericolosissima…
Quella che per anni mi ha lasciato lettere e poesie nella cassetta delle lettere, che conservo tutte (conservo tutti gli scritti, prima o poi dovrò cambiare casa).
Quelli che m’hanno visto sotto shock perché m’era arrivato un sms non proprio gradito (la faccia perplessa di ### che aveva appena risolto un problema alla lavagna: “Mae’… il problema?”. Io, pallidissimo e completamente ‘fuori’: “Quale problema?...”).
Quella che imitava (terribilmente bene) tutte le mie fidanzate (vere, presunte o spesso solo attribuite), attaccandosi un cartellino col nome della prescelta e chiedendo con sguardo intrigante di farsi interrogare…
Quelli che, preso dalla commozione mentre parlavo dell’amicizia, prendendo ad esempio un episodio meraviglioso con un mio amico scomparso, hanno finto di credere che m’era entrato davvero un moscerino nell’occhio, quando mi sono assentato un attimo…
E i drammi, i dolori, quelli che gli adulti considerano ‘seri’ (separazioni, lutti, ecc…) e quelli che considerano ‘poco seri’ (innamoramenti, litigi con gli amichetti). Io non sono mai riuscito a distinguere molto, ho finito per pensare che il dolore è sempre dolore, mai ‘poco serio’. E per non sbagliare, ho rispettato e cercato di prendere sul serio, e di asciugare se potevo, tutte le lacrime, fregandomene se fossero dovute a cose ‘serie’ o ‘non serie’.
Quella che, mentre facevo lezione e parlavo dei sentimenti, cominciò a lacrimare. “Mae’, te capisco perché so stata appena mollata…”. Quel giorno ho smesso di fare lezione, e abbiamo parlato.
L’unica lezione che vorrei fare davvero bene, quest’anno, con le mie studentesse e gli studenti universitari future/i insegnanti, è proprio quella di capire che razza di categorie malsane continuiamo a mantenere nella scuola (e nella vita).
E ancora…
Ancora niente, magari aggiornerò l’elenco un po’ per volta, perché i ricordi sono davvero tanti, e i volti pure, quelli che vedo adesso ‘cresciuti’, e quelli che non vedo più. ‘Non vi conto più’ , dice Vecchioni, ma un giorno lo farò, proverò a scrivere un libro su tutti loro. O forse no, non ce la farei, solo un poeta bravo davvero potrebbe fissare i ricordi di qualcosa che è stato ed è così vivo.
Non ho mai pensato agli alunni come a dei figli, ma come a dei compagni di viaggio. Futuri amici, ecco, secondo la più alta idea d’amicizia, quella di Aristotele: l’amicizia che ‘o trova simili o rende simili’. Noi non eravamo simili, non c’è mai amicizia possibile se uno ha il potere e l’altro no. E io avevo il potere dell’insegnante (che tante/i maledette/i usano peggio dei criminali). Ora che, rispetto a loro, non ho più quel potere, posso pure andare a farmi una birra con loro o scherzare alla pari. Anche se loro continuano a chiamarmi maestro…ma posso sopportarlo.

E finalmente grazie, ve lo dico come augurio di buon anno e buona vita, vi voglio bene a tutte/i… mie e miei alunne e alunni, ed ex, e quelle/i che adesso sono su Facebook, e quelle/i che ancora devono andare alle medie: le mie e i miei attuali lupette e lupetti (che cercano continuamente di contattarmi su Messenger, non gli basta il reciproco tormento scolastico). La vera comunità educativa siete voi.
Vi saluto da zingaro (ho scoperto che forse, sotto sotto, è una mia aspirazione):
Per il cuore che vi ho dato.
E per quello che mi avete dato voi.

Stefano